martedì 11 ottobre 2011

Il villaggio di cartone



«La chiesa dovrebbe essere come una casa che accoglie. Non deve domandare se una persona è credente o no. Liberiamoci dagli orpelli, apriamo le nostre case. Vorrei suggerire ai cattolici di ricordarsi spesso di essere anche cristiani»


Un grande maestro del nostro cinema, Ermanno Olmi, che torna al lungometraggio di finzione con «Il villaggio di cartone». Presentato fuori concorso all'ultima Mostra di Venezia.Una storia ambientata all'interno della chiesa del protagonista, e della relativa canonica, la pellicola, è un coraggioso esempio di come si possa ancora rappresentare sul grande schermo,( con un messaggio in grado di smuovere gli animi) quel grande villaggio di cartone che altro non è che l'Italia di oggi.
Il villaggio di cartone non è una lezione di morale, ma piuttosto un invito o forse una frustata a occhi che non vogliono vedere. Mentre protegge i suoi miseri dalle ronde e dalla legge, il prete infatti continua ad essere roso dai dubbi e dalle tentazioni. «Avere fede è quando i nostri dubbi pesano di più delle nostre convinzioni. Per essere uomini di fede bisogna avere davanti un muro di dubbi», ha spiegato poi Olmi.

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